lunedì 16 febbraio 2015

CASTELLO SFORZESCO. MUSEI

  • Angelo Maria Crivelli detto Crivellone. "Volpe e gatto tra volatili", 1690. Dettaglio
Se oggi il Castello è un punto di riferimento importante per la cultura milanese, dobbiamo dire grazie a Luca Beltrami e alla sua lungimiranza.
L'architetto milanese infatti riuscì ad evitare che il maniero sforzesco fosse raso al suolo e al suo interno vi collocò una serie di opere d'arte altrimenti pellegrine per la città.
sito ufficiale castello sforzesco

Questo mio post non ha la pretesa di essere una guida alle opere e agli spazi degli immensi musei, proverà invece a dar luce agli aspetti più curiosi, dato sicuramente soggettivo.

L'ingresso ai musei avviene dall'ala destra del cortile della Corte Ducale.
Sala 1: Museo d'Arte Antica, opere paleocristiane lombarde

Sarcofago del IV sec. d.c. con, in rilievo, il ritratto del defunto mentre svolge il suo lavoro di calzolaio


Sala 3: Museo d'Arte Antica. Era questa forse l'antica cappella di san Donato, come testimonia il soffitto affrescato.

Soffitto cappella di san Donato


Sala 5: Museo d'Arte Antica

Cristo ligneo del XII sec. Colpisce l'immagine non edulcorata di Gesù agonizzante. Probabilmente la statua veniva completata da una parrucca di capelli veri posta sulla testa.


"Bacio di Giuda", XIV sec. Tutti i protagonisti del bassorilievo hanno gli occhi chiusi, probabilmente per la vergogna provata in quel momento.


Sala 7: Museo d'Arte Antica. Sala delle Asse, dipinta da Leonardo da Vinci e chiamata così perché la parte bassa della sala è rivestita di assi di legno.

LA PONTICELLA. Museo d'Arte Antica, sculture lombarde del Cinquecento. Vi si accede dalla Sala delle Asse.
Anticamente era un semplice ponte levatoio che collegava il Castello alla Ghirlanda. Fu Ludovico il Moro a dare l'incarico forse al Bramante per trasformarlo in appartamento privato. La prima saletta, detta "Negra", venne affrescata molto probabilmente da Leonardo da Vinci, ma ad oggi non rimane più alcuna traccia di decorazione. Qui si rifugiò Ludovico il Moro nel 1497 alla morte della moglie al fine di piangere per giorni e giorni del tutto indisturbato... o così volle far credere.

La ponticella di Ludovico il Moro fronteggiata dalla Ghirlanda. Foto fine XIX sec.

Sala 11: dei Ducali. Museo d'Arte Antica, sculture lombarde tra gotico e rinascimento.

Sala caratterizzata dal soffitto affrescato con gli stemmi dei vari signori della famiglia Sforza.  Si può notare come il primo stemma in alto a sinistra, di Galeazzo Maria, sia stato sovrapposto con la sigla LU (LV) di Ludovico il Moro, suo fratello e successore illecito.


Sala 12: Cappella Ducale, Museo d'Arte Antica.

Dettaglio soffitto Cappella ducale.

Sala 14 o Sala Verde, chiamata così per il colore delle sue pareti voluto da Galeazzo Maria Sforza. Museo d'Arte Antica, raccolta delle armi.
Qui si celebrava ogni Natale la cerimonia dello "zocho", ossia del ceppo che, ornato di fronde, veniva collocato sul camino con grande accompagnamento di trombe e imbandigioni.
E' questo un rito molto antico: la tradizione voleva infatti che il capofamiglia, la vigilia di Natale, ponesse un ceppo di legno di gelso nel camino con sopra incisa una croce. Il fuoco che ne scaturiva veniva considerato sacro, alla luce delle parole della Bibbia: "dal ceppo nascerà un virgulto", ossia Gesù.
Quindi doveva prendere un bicchiere di vino, berlo e passarlo agli altri componenti della famiglia; lo stesso doveva farlo con il pane. Infine doveva gettare una moneta nel fuoco e le altre distribuirle ai figli.
Solo dopo l'Angelus era possibile accomodarsi a tavola per cenare, rigorosamente di magro.
Il giorno dopo le ceneri del ceppo venivano sparse in campagna come augurio di un buon raccolto.

Sala verde


Sala 15 o degli Scarlioni. Museo d'Arte Antica dedicata alla scultura della prima metà del XVI sec..
Qui si tenevano le più importanti riunioni politiche dello stato di Milano nel XV sec.
Questa sala ospita la celebre scultura di Michelangelo, la pietà del Rondanini, chiamata così dal nome di uno dei proprietari. Nel 1952 fu acquistata dal Comune di Milano e si scongiurò così il pericolo che l'opera emigrasse all'estero.
Fu questa l'ultima ad essere scolpita da Michelangelo, che non riuscì a terminarla perchè, ormai ottantanovenne, morì dopo pochi giorni aver cessato di lavorarci.
Sulla scultura è possibile notare la parte inferiore ormai definita e quella superiore invece solamente abbozzata poiché frutto di una seconda rielaborazione dell'opera.

Si può notare l'abbozzo di un altro volto sul velo di Maria, probabilmente frutto dell'ennesimo ripensamento dello scultore toscano.


I musei proseguono al piano superiore della Corte Ducale. Vi si arriva salendo la scala d'onore esterna detta di Galeazzo Maria.

Sala 16 o Sala Verde Superiore. Raccolta dei Mobili.
In origine avremmo visto raffigurate alle pareti scene di caccia nei boschi. Qui Leonardo da Vinci allestì la "festa del Paradiso" organizzata da Ludovico il Moro per il matrimonio del nipote Gian Galeazzo Maria Sforza con Isabella d'Aragona. La festa venne chiamata così perché il genio toscano volle rappresentare il Paradiso nel quale erano disposti sette pianeti capaci di irraggiare luce e suoni con effetti speciali che lasciarono stupiti gli ospiti di allora.

Sala 18: Raccolta dei Mobili

Automa
Era questa una meraviglia capace di impressionare i milanesi del XVII sec.: un demonio azionato con un meccanismo a manovella, capace di ruotare la testa, roteare gli occhi, fare linguacce ed emettere un suono terrorizzante!


Sala 26: Pinacoteca. Ex Sala della Cancelleria.

Pier Francesco Mazzucchelli, detto Morazzone. "La fucina di Vulcano". Affresco  del 1599.


La porticina che si apre in fondo alla sala della Cancelleria conduce alla seconda parte dei musei alloggiati presso le sale della Rocchetta. Per accedervi si passa sopra un ponte levatoio in legno che serviva da trabocchetto per gli eventuali invasori che erano diretti alla sala del Tesoro.

Sala 32: Raccolte d'arte applicata.

Coltello eucaristico
Coltello eucaristico con raffigurazione dei mesi. Vi si legge la seguente iscrizione: "Apporterò sventura a chi mi volesse far suo, farò felice il proprietario che mi tiene. Nessun altro quindi mi voglia; bene questo intenda anche se sono piccola cosa".

Nella stessa sala è possibile ammirare il compasso geometrico militare di Galileo Galilei (1606).

Sala 37: Raccolta d'arte applicata.
Sala della Balla. Questo ambiente venne chiamato così perchè qui si giocava con la sfera. In origine era interamente affrescato da pittori minori con le gesta di Francesco Sforza. In un angolo di questo ambiente morì Beatrice d'Este, moglie di Ludovico il Moro per un parto prematuro il 3 gennaio 1497, dopo aver danzato la sera prima fino a tarda notte.
Sono qui ospitati i celebri arazzi del Trivulzio, opere del Bramantino su commissione della famiglia nobile dei Trivulzio. Ogni arazzo rappresenta un mese, con allegorie e con il proprio segno zodiacale corrispondente.

Arazzo di dicembre. Dettaglio


Il museo egizio, insieme a quello della preistoria e protostoria si trova nei sotterranei del Castello, con ingresso dal fondo della Corte Ducale

Statuina di gatta che rappresenta la dea Bastet

CASTELLO SFORZESCO DESCRIZIONE parte 2

porta del Barchio vista dalla strada coperta della Ghirlanda


La porta di uscita dal castello, verso il parco Sempione si chiama porta del Barchio perché conduceva al giardino ducale detto Barcho.
La torre sulla sinistra (guardando la facciata posteriore, 16) si chiama Falconiera perché ospitava, alla propria sommità, l’aula dove vivevano questi rapaci tanto amati dagli Sforza. I falchi erano capaci di condurre spettacolari battute di caccia e alla loro morte, si provvedeva a seppellirli in maniera dignitosa, come nel caso del falcone di Galeazzo Maria Sforza, trovato sepolto nelle mura del castello insieme a un cartiglio esplicativo “che pareva fosse creato solo per dar piacere al Ill.mo S.re Duca”.
La caratteristica della sala Falconiera, forse progettata dal Bramantino, è quella di avere un soffitto che si regge da solo senza la necessità di alcun supporto che poggi per terra.

Sala Falconeria

La Rocchetta e la Corte Ducale erano senz'altro le zone più vulnerabili del castello perché costruite al di fuori delle mura medioevali (Porta Giovia, 11, si apriva infatti all'interno delle mura stesse) e rivolte verso la campagna e dunque verso le possibili invasioni da parte dei nemici. A tal fine vennero costruite ulteriori mura difensive a difesa di questa parte del Castello, chiamate la Ghirlanda” perché poste sul capo della struttura, così come la ghirlanda, tipica acconciatura rinascimentale, si trovava sulla testa della maggior parte delle dame dell’epoca.


Con la risistemazione del Castello, avvenuta nei primi anni del novecento, la ghirlanda è stata parzialmente demolita: è sopravvissuta solo la parte al di sotto delle livello stradale. Questo ha permesso di preservare una parte assai preziosa: la strada coperta. Era questa una via strategica per la difesa del Castello e per permettere ai sovrani di scappare in caso di pericolo. Dal Rivellino (primo baluardo a difesa del castello costruito all'interno del fossato, 2) si poteva accedere a questa strada illuminata dalle finestre che si affacciano sul fossato. La strada compiva l’esatto percorso della Ghirlanda, ma da questa si dipanavano una serie cunicoli che portavano in (allora) aperta campagna dove l’esercito milanese aveva la possibilità di cogliere di sorpresa quello nemico

Gabinetto posto nella sala delle Guardie presso il Rivellino

Un cunicolo portava alla porta del Soccorso (tutt'ora presente all'ingresso del parco Sempione), mentre altri due portavano alla chiesa di santa Maria delle Grazie e a quella di san Marco. Il primo cunicolo è tutt'ora esistente, anche se parzialmente murato, mentre del secondo non c’è più traccia (post 18 maggio 2014). Il cunicolo per santa Maria delle Grazie è noto venisse regolarmente utilizzato da Leonardo da Vinci che, dalle sue stanze al Castello si recava al Refettorio della chiesa per terminare il celebre “Cenacolo”.

Strada coperta della Ghirlanda
FONTE:      www.milanoneicantieridellarte.it

Oggi è possibile visitare la strada coperta ( Ad ArtemOpera d'arte) e solamente gli ingressi dei vari cunicoli poiché interrotti e murati per varie ragioni (costruzione di strade, metropolitana, acquedotto…).
Visita guidata alle Merlate del Castello con una guida speciale... Leonardo da Vinci!

Inoltre la strada coperta ha un altro importante merito: quello di aver dato il nome a tutto ciò che socialmente viene disprezzato perché portatore di distruzione; mi riferisco al fenomeno del teppismo.

Nella prima metà del XIX sec. infatti una banda di ragazzacci milanesi avevano l’abitudine di ritrovarsi nella strada coperta del Castello che allora risultava essere abbandonata e completamente ricoperta di muschio. Muschio che in milanese si dice “teppa”, da qui il soprannome banda della teppa e dunque teppista. Questi ragazzi avevano l’abitudine di fare scherzi pesanti, soprattutto ai danni delle ragazze milanesi, le quali, secondo loro, altro non ambivano che a sposarsi con gli odiati soldati austriaci. La strada coperta permetteva di colpire e scappare senza essere intercettati. Questa situazione venne sopportata fino al giorno in cui, tra le vittime degli scherzi, non ci fu anche una ragazza appartenente a una famiglia molto vicina al viceré austriaco, il quale decise di non tollerare più la situazione: per ironia della sorte la banda fu sciolta e i loro componenti costretti a “mettere la testa a posto” arruolandosi in maniera coatta nell'esercito austriaco!

domenica 15 febbraio 2015

CASTELLO SFORZESCO DESCRIZIONE, parte 1



L’ingresso del Castello è preceduto dalla fontana comunemente chiamata “turta di spus” (“torta degli sposi”, vista la sua somiglianza), attrazione molto amata dai turisti.
Questa venne collocata qui negli anni trenta e qualche decennio dopo rimossa per poter costruire la fermata Cairoli della metro. Da allora, fino a 15 anni fa, non se ne è saputo più niente; leggenda metropolitana, diffusa dai taxisti milanesi, sosteneva che era finita nella villa tunisina di Bettino Craxi (erano gli anni novanta, i giorni di tangentopoli). Solo nel marzo del Duemila è tornata al suo posto… per permetterci anche di festeggiare degnamente la coppa del mondo del 2006!

E' proprio davanti al Castello che si tiene, dal giorno di sant'Ambrogio (7 dicembre) fino alla domenica successiva, la fiera degli Oh bej! Oh bej!
Fiera molto popolare in città e molto antica: si pensa infatti che sia nata nel 1510, quando un messo papale, tale Giannetto Castiglione, entrò a Milano per riaccendere nei milanesi il culto un po' sopito dei santi.
Eppure, visto che all'epoca il papa non era ben visto dai meneghini, Giannetto pensò di fare un regalo ai milanesi che erano in quei giorni impegnati a festeggiare il proprio santo: decise di regalare alla popolazione tanti doni (cibarie e giochi)...
Deliziosi erano i commenti dei bambini:"oh bej! Oh bej! (Oh belli! Oh belli!).
Foto tratta da http://www.sagreneiborghi.it




L’ingresso al Castello avviene attraverso la torre del Filarete (chiamata così perché progettata dall'architetto toscano) completamente rifatta nei primi del Novecento, dato che era crollata 4 secoli prima e mai più ripristinata (vedi pianta qui sopra, 1).

Modello in dimensioni reali della torre del Filarete addossato in prova alla facciata esterna del Castello, nel 1895, per valutarne l'effetto prima della ricostruzione.

La torre cilindrica di destra fino a qualche decennio fa ospitava il serbatoio dell’acquedotto di questa parte della città, mentre quella di sinistra tutt'ora ha questa funzione.

Su quest'ultima torre è possible notare il simbolo più noto di Milano: il biscione.
Sull'origine del simbolo dei Visconti ci sono diverse leggende. Quella più nota è legata a Ottone Visconti.
Il nobiluomo milanese partecipò alla prima crociata (1099); durante una battaglia si ritrovò a combattere individualmente con Voluce, un feroce comandante saraceno. Dopo ore di combattimento ebbe la meglio sul nemico e, come consuetudine, si appropriò delle sue insegne: uno scudo abbellito da un enorme biscione in atto di divorare un cristiano. Ottone decise allora che quello sarebbe diventato il simbolo della sua casata, solo che al posto dell'uomo mise un bambino.

Foto di Robert Ribaudo
Molte sono le parti non originali, aggiunte all'inizio del secolo scorso da parte dell’architetto Beltrami, incaricato del restauro, es. le finestre in cotto su tutte le facciate.
All'interno del Castello il primo ambiente che si incontra è la Piazza d’Armi (o Corte Maggiore, 6). Sul lato destro della piazza troviamo una serie di avanzi di antiche case milanesi fortunatamente preservate, al contrario di tante altre antiche dimore ridotte in polvere (deprecabile abitudine di questa città che spesso tende a vivere solo al presente).

Avanzo di casa rinascimentale, dettaglio
Sotto l’attuale pavimento è stata di recente scoperta una vasca, dalla dimensione di mezzo campo da calcio, piena d’acqua che aveva la funzione di rifornire il fossato. Non deve stupire il fatto che queste acque ospitino delle forme viventi: provenivano infatti dai Navigli i quali a loro volta provenivano dal Ticino. Sorprendente invece le forme di vita stesse: dei gamberetti albini ipovedenti!

Di fronte all'ingresso principale si scorge l’unica statua di questo ambiente: san Giovanni Nepomuceno, posizionata nel cortile del castello dagli Asburgo in quanto loro santo protettore. Il suo nome è legato a Nepumuk, città dell'attuale repubblica Ceca. Eppure la pronuncia di questo nome è sempre risultata molto ostica, tanto che i milanesi, con il loro spirito pragmatico meneghino, l'hanno ribattezzata San Giovan né pu né men!

San Giovanni Nepomuceno
Sulla sinistra della Piazza d’Armi si può notare l’unico ponte levatoio a noi sopravvissuto chiamato “dei Carmini” (3) poiché nei pressi avremmo trovato un monastero dedicato a santa Maria del Carmine, fatto abbattere da Francesco Sforza nella prima metà del XV sec. perché troppo a ridosso delle mura del castello.

Ponte levatoio dei Carmini con, sulla destra, quello per i pedoni sollevato
Sorpassata la porta Giovia (11) ci si immette nei due ambienti più raffinati del Castello: la Rocchetta e la Corte Ducale.

La Rocchetta

La prima (8) aveva la funzione di ospitare gli ambienti ducali abitati in caso di minaccia esterna; è questa infatti la zona più inespugnabile del Castello. Per tale ragione a pian terreno era ospitata la sala del Tesoro, dove i Signori di Milano custodivano gli averi della città e, in una saletta attigua, quelli personali del Duca. Si racconta che periodicamente il tesoro pubblico veniva depauperato per nutrire quello privato!

L’ambasciatore di Ferrara nel 1491 così descriveva quello pubblico: “…in un angolo del salone un cumulo di monete d’argento tale che un cerbiatto non sarebbe stato capace di saltarlo; e, attorno a questo, candelabri d’argento massiccio alti come un uomo…”, nonché tappeti carichi di due tonnellate d’oro…
A custodia del tesoro personale c’è un affresco (ormai danneggiato) di Argo dai cento occhi, mitologico guardiano che non dormiva mai e che, a tal fine, chiudeva solo due alla volta dei suoi tanti occhi.


Le due sale inoltre erano protette da un antifurto semplice ma ingegnoso: una candela alloggiata in una finestrella pronta a spegnersi a ogni minima ventata (dunque in caso di intromissione). Nel vano infatti c’erano, e ci sono tutt'ora due fori laterali collegati al sottosuolo. In caso di ladro che forzava le porte del sotterraneo, si sarebbe creata una corrente d’aria che, incanalata nel camino, avrebbe spento le fiamme del candelabro e dunque dato l’allarme.


Il cortile affianco (Corte Ducale, 12) è forse l’ambiente più grazioso di tutto il castello. Qui vivevano i sovrani con la loro corte, ricevevano i diplomatici degli altri regni, tenevano le feste e venivano celebrate le funzioni religiose.
La Corte si chiude in fondo con un porticato aperto chiamato “il portico dell’elefante” per un affresco che ritrae questo animale, affresco fortunatamente a noi sopravvissuto. Sotto queste arcate il castellano (custode della struttura) giurava sul Vangelo di non consegnare mai il Castello a un nemico del proprio Duca. Eppure questa promessa non fu mantenuta da Bernardino da Corte che, nel 1499, per denaro aprì le porte, non solo del Castello, ma dell’intera Italia settentrionale alle secolari invasioni straniere.

Sempre sotto questo portico è possibile ritrovare la lapide che faceva parte della famosa “colonna infame” di manzoniana memoria.
Durante la peste del 1630 due barbieri milanesi furono accusati di essere gli untori e dunque gli artefici dell’epidemia. Dopo essere stati giustiziati, venne eretta una colonna con a capo la presente lapide a monito dei fatti avvenuti. Ad oggi si trova qui perché spostata dal suo luogo d’origine (nei pressi della basilica di san Lorenzo alle colonne).
Sopra il portico invece è possibile notare un piccolo campanile, che serviva a richiamare i fedeli nella sottostante Cappella Ducale.



Sulla sinistra della corte stessa la scalinata di stampo rinascimentale conduce al primo piano della struttura. I gradini sono bassi e larghi per permettere ai sovrani di recarsi ai propri appartamenti con il cavallo. Quest’ultimo era, insieme ai falchi, un animale molto adorato dai nobili quattrocenteschi, tanto che spesso veniva ospitato per la notte nelle stanze ducali o, per preservarlo, veniva calato al pian terreno con una di carrucola.
 
Postazione privilegiata dalle dame del quattrocento per "commentare" la vita di corte!




sabato 14 febbraio 2015

CASTELLO SFORZESCO. LA STORIA




E' questo, insieme ad altri pochi (Duomo, teatro alla Scala, Cenacolo vinciano...), uno dei simboli di Milano e sicuramente uno dei monumenti più visitati della città, anche grazie al suo maestoso parco e ai numerosi musei ospitati all'interno.

La storia di questo monumento ci racconta che nel 1355, alla morte di Giovanni Visconti, il dominio della città venne diviso tra Bernabò e Galeazzo II. Questi, a difesa della parte toccatagli (l'occidentale), fece erigere a ridosso delle mura difensive della città, un castello che dalla vicinanza alla porta Giovia (chiamata così in onore del dio Giove, vedi pianta qui sotto, 11), prese il nome di castello di porta Giovia.



Il primo nucleo fu dunque l'attuale Piazza d'Armi, o Corte Maggiore (6) con finalità difensive per la famiglia regnante. Il successore di Galeazzo II fece invece edificare una piccola cittadella esterna alle mura a scopi residenziali, l'attuale Rocchetta con l'adiacente Corte Ducale (8,12). Eppure solo nella prima metà del XV sec. divenne anche sede dei Signori di Milano, oltre che struttura militare.
Con l'avvento degli Sforza, fino alla venuta dei francesi, questo monumento venne abbellito anche grazie all'apporto dei maggiori artisti rinascimentali (Leonardo, Bramante, Filarete).


Corte ducale

Addirittura Ludovico il Moro giunse a chiedere a Leonardo da Vinci di erigere un faro al posto dell'attuale torre del Filarete (1) e di costruire una statua equestre enorme da posizionare davanti all'ingresso del Castello. Tutto questo non avvenne a causa della sua caduta; tuttavia oggi il cavallo progettato da Leonardo possiamo ammirarlo davanti all'ingresso dell'Ippodromo, realizzato cinque secoli dopo.
Cavallo di Leonardo


Nel 1499 il tradimento del castellano Bernardino da Corte aprì le porte del Castello alle truppe francesi comandate dall'invidioso maresciallo Gian Giacomo Trivulzio. Da allora questo luogo venne trasformato in caserma e tutte le sue opere, tutte le sue bellezze vennero progressivamente asportate.
Sempre sotto i francesi, a scopo difensivo, venne creata la porta Tenaglia: una porta pensata appositamente per ingannare i nemici e catturarli. Ad oggi esiste via Tenaglia nei pressi del luogo dove una volta avremmo trovato questo ritrovato militare.
Con i successivi invasori, gli spagnoli, il Castello mutò completamente aspetto: furono infatti costruite delle mura difensive a forma di stella a dodici punte.

Castello Sforzesco sotto il dominio spagnolo

Le fortificazioni fecero sparire anche la Pusterla delle Azze che si trovava presumibilmente in via Lanza, chiamata così forse perché nei pressi c'era una contrada abitata dagli acciaioli (azzaioli) i quali svolgevano il proprio lavoro sfruttando le acque del vicino fiume Nirone.

Nel 1521 uno scoppio di polveri usate a scopo bellico e conservate nei sotterranei della Torre del Filarete (torre all'ingresso, 1) causò il crollo della torre stessa, episodio che ispirò una leggenda:
in quel periodo Milano era governata dai francesi, ma gli Sforza, con a capo Francesco II, provavano a riprendersi ciò che avevano perduto 22 anni prima. Al soldo di questi ultimi c'era un soldato svizzero conosciuto con il soprannome di Bombarda, per la sua maestria nell'utilizzo delle armi da fuoco. Verso fine giugno di quell'anno lo svizzero venne catturato dai soldati francesi mentre si stava sposando con la sua fidanzata Assunta nell'abbazia di Chiaravalle. Il governatore francese, saputo dell'accaduto ne approfittò subito per chiedere un favore al prigioniero: da quando era a Milano non riusciva più a dormire bene per colpa di un Angelo. Abitava infatti nei pressi della chiesa di san Gottardo in Corte (ancora oggi alle spalle di Palazzo Reale) che aveva sul proprio punto più alto, cioè sul campanile, una statua raffigurante un Angelo che, muovendosi con il vento, provocava rumori sinistri. Odetto de Foix (il governatore francese) dunque propose al Bombarda di abbattere con un solo colpo questo fastidioso segnavento in cambio della sua scarcerazione.
Naturalmente, per non farsi scoprire e avere questioni con la Chiesa, l'avrebbe dovuto fare quella sera stessa dato che c'era un temporale in corso e dunque sarebbe passato come un incidente: un fulmine che abbatte il campanile. Lo svizzero, appena intravide la possibilità di "salvare la propria pelle" e quella di Assunta, accettò subito. Lo portarono sulle merlate del Castello verso la città e, con un solo colpo riuscì, da così tanta distanza, a colpire ed abbattere il malcapitato Angelo. A questo punto però il comandante delle truppe francesi commise un errore: fece pernottare il Bombarda per l'ultima notte in prigione, senza togliergli l'arma appena usata. Proprio dalla finestra della prigione lo svizzero vide una cosa che lo fece imbestialire: Assunta era diventata il passatempo per i soldati francesi i quali la violentavano a turno...non ci pensò due volte: prese la mira e sparò alla base della torre del Filarete.  La torre crollò, 300 soldati, nonché Assunta, morirono sepolti dalla struttura, il Bombarda venne immediatamente giustiziato e il comandante fu licenziato per aver commesso una tale ingenuità. Solo il governatore riuscì a trarre giovamento da questo episodio: da quella sera poté dormire beatamente senza più lo stridore dell'Angelo!
Quest'ultimo infatti venne riposizionato diversi anni e governi dopo (1735), mentre il castello si privò del suo elemento più ornamentale, cioè la torre progettata dal Filarete, fino agli inizi del 1900 quando venne ricostruita.

P.za Cairoli con il Castello sullo sfondo. Cartolina dei primi anni del novecento dove è possibile notare l'assenza della Torre del Filarete che verrà ricostruita a breve.

Con l'arrivo di Napoleone (1796) si inizia a demolire tutte le strutture difensive create dai precedenti invasori, fino a lasciare il Castello nelle dimensioni attuali.
Sotto Bonaparte si progettò l'omonimo foro che originariamente doveva essere una immensa piazza con al proprio centro il Castello e tutto intorno edifici neoclassici porticati capaci di ospitare luoghi ad uso pubblico e residenze private. Questo progetto tuttavia venne accantonato perché troppo oneroso e ripreso parzialmente più avanti (1884): l'attuale foro Bonaparte di fronte all'ingresso del maniero sforzesco.

Nel 1893 il Castello viene ceduto dal Ministero della Guerra d'Italia al Comune di Milano e restaurato da Luca Beltrami il quale fu in grado di riportarlo alle originarie forme quattrocentesche, nonché di preservarlo dagli speculatori edilizi che volevano abbatterlo per poter costruire un quartiere residenziale.