martedì 14 luglio 2015

SANTA MARIA DELLE GRAZIE E CENACOLO VINCIANO



Quando il Moro decise di far diventare grande la propria città lo decise anche a livello artistico. Era Milano infatti una delle capitali europee del Rinascimento ed è proprio questo stile architettonico a caratterizzare santa Maria delle Grazie. Visitare questa chiesa è come fare un salto nel passato di cinquecento anni!
Fu proprio Ludovico Sforza a volere fortemente l'edificio. Desiderava infatti farlo diventare mausoleo per la sua famiglia.

Nel 1463 il conte Gaspare Vimercati donò al proprio signore questo terreno, fuori porta Vercellina, dove sorgeva una cappella dedicata a santa Maria delle Grazie, con la promessa di edificare la nuova struttura religiosa senza demolire quella pre-esistente.
La cappella infatti esiste tutt'ora (anche se con sembianze molto diverse) e si trova in fondo alla navata sinistra.




Nel XVI sec. venne invece qui traslocato, dalla chiesa di s. Eustorgio, il Tribunale dell'Inquisizione; per l'occasione vennero creati nuovi locali vicino al refettorio, poi abbattuti due secoli dopo. Ad oggi di quella struttura rimane solo l'attuale atrio del refettorio che ospita l'ingresso del Cenacolo Vinciano.


Questa imponente graziosa chiesa detiene due primati: essere, insieme al vicino cenacolo, patrimonio dell'umanità dell'UNESCO ed essere uno dei due conventi sopravvissuti in città. Quello di santa Maria delle Grazie è domenicano, mentre quello di s.Angelo francescano.
Sicuramente la presenza dell'Ultima Cena di Leonardo ha contribuito a far ascrivere questa chiesa nella lista dei beni tutelati dall'UNESCO, eppure si suppone che un altro grande artista rinascimentale, il Bramante, vi abbia lavorato per renderla così bella. Gran parte della critica infatti sostiene che l'artista marchigiano abbia disegnato la tribuna con il maestoso tiburio, nonché la Sagrestia vecchia e il Chiostro piccolo.
Il contributo di Leonardo da Vinci non si limitò al solo Cenacolo: a lui vengono infatti attribuiti il precedente affresco della lunetta del portale e i fregi presenti nella Sagrestia vecchia.
La forma della chiesa è sicuramente originale: a fronte dell'assenza del transetto, è possibile ammirare una tribuna molto possente progettata in queste forme e dimensioni per ospitare i sarcofagi dei membri della famiglia Sforza...progetto che però rimase solo sulla carta per l'arrivo dei francesi a Milano.
Le cappelle sul lato destro sono sicuramente più sfarzose di quelle a sinistra dato che queste ultime vennero abbattute durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.

Uno degli ambienti più curiosi e deliziosi è il Chiostro piccolo o delle rane (vi si accede dalla cappella della Madonna delle Grazie, passando per la nuova Sagrestia), così chiamato per la presenza di una fontana con quattro rane che sputano acqua dalla bocca.

Chiostro delle rane


Da qui è possibile accedere alla Sagrestia vecchia, o Sacrestia del Bramante, dalla quale, oggi dietro agli armadi sulla destra, partiva una antica via di fuga, chiamata Sforzesco al convento, capace di collegare il Castello Sforzesco con questa chiesa.
Si racconta che tale percorso venisse usato soprattutto da Leonardo che qui giungeva dal Castello agli orari più insoliti per dipingere il Cenacolo.

Sagrestia Vecchia

Dal Chiostrino inoltre è possibile ammirare un delizioso giardino privato dei frati, il Chiostro del Priore. Altrettanto non si può dire di quello grande, o Chiostro dei Morti, non più utilizzato per pregare, ma per parcheggiarvi le macchine...!


Chiostro del Priore




Esiste a Milano un'attrazione poco visitata dai milanesi, ma molto conosciuta dagli stranieri: l'Ultima Cena di Leonardo da Vinci.


Quest'opera venne realizzata dal genio toscano tra il 1494 e il 1498 su commissione di Ludovico il Moro. Il signore di Milano chiese infatti a Leonardo e a Donato Montorfano di dipingere nel refettorio dei frati domenicani due soggetti classici per questo ambiente: l'Ultima Cena e la Crocifissione.

"Crocifissione" di Donato Montorfano. E' possibile notare le aggiunte posteriori di Leonardo: Ludovico il Moro con il figlio Massimiliano (in basso a sin.) e la moglie Beatrice d'Este con l'altro figlio Francesco (in basso a destra), oggi poco leggibili.

Al contrario di Donato, Leonardo ci impiegò tanto tempo perché era, come verrebbe definito oggi,  un vero e proprio artista: amava mettere mano alle proprie opere quando più si sentiva ispirato. Le cronache dell'epoca raccontano infatti che passava intere giornate a dipingere senza toccare cibo, oppure capitava a volte che giungesse al refettorio alle ore più inaspettate del giorno e della notte, solo per osservare la sua opera ancora incompiuta, per poi andarsene dopo poco.

Dunque la tecnica dell'affresco (la quale prevede che l'artista completi l'opera prima che si asciughi la calce fresca sul muro) non poteva fare al caso di Leonardo e per questo optò per la tempera a muro.
Purtroppo però questa scelta ha comportato il precoce e definitivo (vedi parte inferiore del viso di Giovanni) deterioramento dell'opera, dato che la tempera è meno duratura dell'affresco.
Infatti già solo dopo un anno dalla sua conclusione, si notavano delle crepe anche perché a Leonardo era capitata la parete nord, quella che confinava con la cucina dei frati e dunque più soggetta ad escursioni termiche.
Nel corso dei secoli diversi restauratori vi hanno messo mano, spesso anche modificando alcuni connotati originali come, ad es., l'apostolo Andrea che non risulta più essere di profilo, ma un po' a tre quarti.
Altre peripezie visse questo dipinto nel corso dei secoli: nel XVII sec. i frati decisero di alzare la porta che metteva in comunicazione il refettorio con la cucina...Risultato: ad oggi Gesù e i due discepoli a Lui vicini risultano essere senza piedi!
Nel 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, una bomba colpì il refettorio, ma il Cenacolo e la Crocifissione rimasero miracolosamente illesi sotto dei teloni di protezione.



Il tema dell’Ultima Cena non è di certo originale; la prima rappresentazione grafica risale al V sec. D.c. (Codex Purpureus Rossanensis).





Eppure questo dipinto è diventato famoso (fino a quasi cancellare il ricordo collettivo delle altre Ultime Cene) per l’attenzione che pone Leonardo all'aspetto umano di Gesù e dei suoi discepoli (da qui la scelta di non dipingere le aureole). Anche le mani di Cristo sulla tavola rappresentano la doppia valenza del Messia: una rivolta verso l’alto (che indica il suo essere divino, celeste) ed una rivolta verso il basso (che rappresenta la sua natura umana e dunque terrestre).


Domenico Ghirlandaio "Ultima Cena" 1480.
Salta subito all'occhio quanto l'opera di Leonardo fosse più innovativa rispetto ad affreschi coevi, con un impianto meno originale.









In quanto uomo, Gesù viene ritratto con una espressione sofferente dopo aver annunciato che a breve morirà per colpa di un traditore che si nasconde tra gli apostoli.

Interessanti sono le espressioni dei discepoli che manifestano i propri “moti dell’animo” tramite le espressioni del volto e le posture. 

Gesù rimane al centro della scena: nonostante la solidarietà da parte dei commensali è solo nella sua umana paura della morte.

I discepoli invece sono raggruppati in quattro gruppi da tre.

Il più ricco di significati è quello alla destra di Gesù: Giovanni, Giuda Iscariota e Pietro.

Giovanni è affranto; Pietro, quasi vittima del panico, pone una mano sulla spalla di Giovanni, non per rincuorarlo, ma per chiedergli di chiedere a Gesù il nome del traditore; Giuda, chiamato in causa, si scosta da Cristo e, nel farlo, con il braccio destro (quello che trattiene la borsa con la cassa del gruppo o le trenta monete d’argento del tradimento) urta e fa cadere la saliera.





Nel terzetto a sinistra di Gesù colpisce Tommaso con il dito alzato, probabilmente a chiedere “sono forse io?"...lo stesso dito che poi utilizzerà per dissipare la propria incredulità a fronte del Cristo risorto.



Il momento immortalato da Leonardo è stato tratto dal Vangelo di Giovanni, poco prima che l’autore posi la propria testa sul petto di Gesù. In questo testo, diversamente dagli altri tre, non si narra dell’istituzione dell’Eucarestia, ecco dunque spiegato perché non compare il calice.



In compenso anche Leonardo sceglie di rendere attuale la sua opera posizionando tra i piatti una pietanza tipica del XV sec: anguille all’arancia, quando le arance non erano ancora conosciute nella terra di Gesù (si trovano in un piatto sotto Filippo).
Tradizione vuole infatti che ogni autore delle Ultime Cene ritragga cibi tipici della propria zona (es il brezel in una chiesetta della Val di Fiemme, Trento) nonché cibi in abbondanza in contrasto con la tradizione della sobria Pasqua Ebraica (quella che si accingeva a celebrare Gesù il Giovedì Santo): erbe amare, pane azzimo, salsa charoset, agnello arrostito, vino.

                                              D. Crespi "Ultima cena" (1625); da Wikipedia. 
                                                         Colpisce la tavola abbondantemente fornita



Addirittura nell’Ultima Cena del Tintoretto compare anche una torta con le candeline!





Leonardo per dipingere i personaggi del suo capolavoro traeva spunto dalla realtà. Si narra che il priore del convento si fosse lamentato con Ludovico il Moro per la lungaggine con cui procedevano i lavori e per questa ragione, la sua faccia è quella di Giuda Iscariota!...Anche se c'è chi sostiene che in realtà quelle siano le fattezze di Savonarola.
Leonardo volle invece ritrarsi nei panni di Giuda Taddeo.


  
Questo dipinto è talmente famoso da aver spinto qualche studioso a vedere significati molto nascosti.
Ad es una teoria (poi ripresa da Dan Brown nel “Codice da Vinci”) sostiene che il primo discepolo alla destra di Gesù non sia Giovanni Evangelista, ma la Maddalena che si suppone fosse l’amante di Gesù. Inoltre, nel periodo della Passione, la donna era incinta e ad oggi esistono dei discendenti di Gesù. Questa tesi è avvalorata dal fatto che il discepolo è molto scostato dal maestro tanto da venire a creare una forma paragonabile ad un calice. Dunque il Santo Graal (Sangue Reale) non sarebbe la coppa dell’Ultima Cena, ma Il ventre della Maddalena che ospitava il discendente di Gesù.
Il legame tra Gesù e Giovanni/Maddalena sarebbe poi avvalorato dal colore dei vestiti tra loro speculari. Giovanni si ritiene che sia in realtà la Maddalena perché ritratto senza barba e con un aspetto femminile...In realtà questo è dovuto al fatto che fosse il discepolo più giovane.
Vicino a Giovanni si intravede una mano che stringe un coltello; qualcuno ha supposto che appartenga ad una persona nascosta. A ben guardare però la mano è quella di Pietro ed è armata perché Leonardo vuol fare riferimento all’episodio successivo narrato da Giovanni nel suo Vangelo: Pietro taglia con la spada un orecchio ad un soldato che aveva il compito di arrestare Gesù.
Alcuni studiosi inoltre han voluto leggere nelle mani dei discepoli sulla tovaglia le note scritte su un tetragramma, mentre altri sostengono che ogni personaggio apparterrebbe ad un segno dello zodiaco (Gesù è il sole centrale...), secondo una precisa volontà di Leonardo.
…Ma san Marco e san Luca dove sono? In realtà i due Evangelisti non erano apostoli di Gesù, ma di san Paolo!



Salvador Dalì "Ultima Cena" (1955): l'emozione che travalica i simboli